Era un uomo dotato di un talento innaturale nel distruggere le cose. Non che la cosa gli facesse particolarmente piacere, ma nemmeno gli dispiaceva. In verità credo che non si rendesse nemmeno conto di averlo, questo innaturale talento. Era sempre stato così, anche da piccolo. I giocattoli nelle sue mani semplicemente si disintegravano, da un momento all'altro, senza nessuna ragione apparente.
Gli succedeva anche con le persone, dopo poco tempo era in grado di rovinare qualsiasi rapporto. Una parola sbagliata, un gesto fatto o, e in questo il suo talento era davvero eccezionale, uno non fatto.
Aveva però imparato a raccogliere i frammenti migliori. Nel continuo scrosciare dei crolli tendeva una mano verso quelli più invisibili e belli, nella polvere impalpabile al di sopra delle macerie era come se riuscisse a tirare fuori sempre il ricordo migliore.
Spesso gli altri non capivano la sua strana serenità nei momenti peggiori. La chiamavano incoscienza, perfidia, cinismo. Questo in genere era lui a non capirlo, ma aveva imparato che erano soltanto punti di vista differenti, forse colpa di quella voglia che hanno in tanti di rendere tutto duraturo se non addirittura eterno.
A lui non importava poi molto del "duraturo" e dell'"eterno".
I programmi più a lunga scadenza che ricordava di aver fatto non andavano al di là dei tre giorni, non perché non gli sarebbe piaciuto, anzi, ma si era dovuto adattare. Quando, seppur raramente, aveva tentato di dare una lunga scadenza ai suoi progetti, se così li possiamo chiamare, qualcosa si era rotto subito dopo, come a ricordargli che lui no, lui non poteva, che a lui non era permesso.
Come tutto il resto anche la sua morte arrivò brevemente, senza alcun preavviso e senza dargli modo di fare progetti. Quando si rese conto che quella era la sua ora ne fu comunque felice. Guardando i ricordi accumulati nella sua vita senza futuro si rese conto di aver comunque vissuto e capì improvvisamente quello che voleva dire la frase che in un giorno qualunque della sua giovinezza l'aveva tanto colpito: "Vivere oltre i quarant'anni è di cattivo gusto", pensò che avrebbe dovuto approfondire il significato di quella frase, ma questo sarebbe stato un progetto a lungo termine, si disse, e tutto sommato non ne valeva la pena. Quindi preferì morire.