come quando la mattina ti svegli e no, non sei ad Acapulco (che poi in questo periodo ad Acapulco ci sono strane influenze), ma che dico poi Acapulco, nemmeno a Follonica.
Piove da... boh, ho perso il conto, piove da tanto di quel tempo. Uno sguardo buttato fuori dalla solita finestra lasciata aperta a metà. Il grigio e le parole che si affollano in discesa per uscire, s'ingorgano, la porta è ben stretta, non esce niente se non qualcosa come un lamento. Oh. Picchio lo stereo cercando di farlo partire. Un altro lamento, con cosa diavolo mi sono addormentato ieri sera? gatti che si lamentano nelle orecchie e sapore di topo morto in bocca, un interessante mix zoologico, ma ho il sospetto di essere io l'animale peggiore.
Va bene, se così deve essere così sia, paranoia, manco paranoia nera, che quella potrebbe avere un fascino, paranoia grigio sudicio, di quella che non sei nemmeno troppo giù da poterci scrivere un post su.
Così malconcio che avessi un cane stamani non mi riconoscerebbe, o forse sì, che tanto tutte le mattine ho la stessa faccia a culo (no, non cambia durante la giornata). E ringrazio iddio che non ho più capelli, che almeno non posso essere spettinato.
Caffè. Eccola la prima parola di senso compiuto della giornata. Che bello riesco già a darmi uno scopo. Il primo. E l'ultimo.