A tempesta finita, ci ritrovammo aggrappati ai nostri corpi come a dei relitti. Col fiato grosso e gli occhi spalancati, portavamo ancora addosso i segni della lotta.
Riempimmo il nostro buio con le nostre parole. Sottovoce, dopo tutto il frastuono c'era come il bisogno di non disturbare il silenzio.
Le mie mani giocavano con le ombre sul muro, guardavo il tuo corpo disteso e la curva morbida del tuo seno nella penombra di quel lungo pomeriggio.
Presto me ne sarei andato, lo sapevamo entrambi, troppo instabili per resisterci, troppo instabili per restarci addosso, ma in quel momento non era poi così importante.
Di passaggio, per riempire il buco di buio che ognuno di noi ha nella propria testa. Barattammo il calore di uno sconosciuto con quello più familiare del bicchiere.
Ti accompagnai alla porta, sapevi che non mi avresti più visto, sapevo che non mi avresti più cercato. Ci andava bene così.
Conservo di quel pomeriggio questo ricordo come un barocco souvenir.