fotogramma

Mi sono chiesto a volte come nascano alcune inquadrature, quelle che le guardi una volta e poi te le ricordi tutta la vita, che magari è soltanto un fotogramma ma proprio non te lo puoi dimenticare. Sarà che ho una memoria strana, che mi fa ricordare alcuni momenti, fotografie rubate, immagini nitide che non se ne vanno, che non invecchiano, mai.
Una risposta precisa non sono mai riuscito a darmela. Anche perché credo che ognuno segua il suo percorso, fatto di lunghe ore passate a pensare o magari di illuminazioni improvvise, fatte di quella cosa che generalmente si chiama ispirazione.

Un piano strettissimo su di un pennello, nuovo. E poi lentamente una mano e un braccio disteso lungo il fianco. Una schiena larga e una camicia ampia, di quelle comode di quelle estive, il colore è un celeste slavato di mille lavaggi, una di quelle camicie che anche quando cadono a pezzi non ce la fai a buttarle via perché hanno troppa storia dentro.

E poi mi fermo qui, su di un piano americano fatto un po' male, che taglia via la testa. Un altro braccio steso e un secchio, anzi no, non un secchio, una latta di vernice nera, di quelle con il manico fatto di filo di ferro che si piega sotto il peso della vernice e che taglia le mani. Il sole riflesso sulla latta inonda la camera di luce soltanto per un momento e poi l'inquadratura si allarga.

Uomo di spalle, camicia, pennello, vernice. Un muro.

Un muro bianco di quelli con l'intonaco irregolare che a toccarlo senti mille piccoli avvallamenti e quelle punte che ti si conficcano nelle mani. L'uomo lo sa, lo ha già fatto, che se preme la sua mano sul muro per un po' ci rimane il segno, tanti puntini arrossati che poi lenti guariscono e scompaiono, ma stavolta no, il muro serve per un altra cosa.

Il muro è molto più alto dell'uomo. Naso all'insù, pennello, vernice.

Il muro finisce, è soltanto un muro, non c'è una casa dietro al muro. Dietro al muro c'è il mare, di un azzurro perfetto, e le onde. Le onde che sono linee bianche che entrano nel muro.

L'uomo apre la latta di vernice e il nero è lucido e l'uomo si specchia sulle piccole onde dentro alla latta e socchiude gli occhi perché nella vernice entra il sole.

Il pennello s'immerge nella vernice e torna su per respirare, la vernice continua a colare in un filo sempre più sottile che lentamente diventa una goccia e scompare.

Lasciare un segno, ma di disegnare non è mai stato capace, scriverci qualcosa ecco, questo sì. Ma le parole giuste non le ha mai sapute trovare.