Degli scrittori appollaiati alle mie spalle. (reprise)

di e per Philip Roth nel giorno della sua morte

Capita di rado, ma capita.
Ci vuole lo stato d'animo giusto, il momento giusto e il libro giusto.
Leggo tranquillo e ad un certo punto è come se quel libro stesse parlando di me, di quello che mi sta succedendo.
È una sensazione strana, così strana che smetto di leggere, mi volto e controllo che non ci sia lo scrittore lì dietro, a guardarmi, e a scrivere il libro a malapena una parola davanti a me.

Poi non trovo soltanto me, ma trovo anche tutti gli altri.
Vorrei quasi prendere il telefono, chiamarli e avvertirli che lo scrittore potrebbe essere lì, appollaiato dietro le loro spalle.
Poi no, di solito non chiamo nessuno, semmai scrivo.
Poi ci ripenso però, e mi accorgo di quanto deve essere bravo uno scrittore per entrarci dentro così, perché, proprio su quella pagina e proprio su quella frase, non succede soltanto a me.

Perché alla fine nei libri sottolineiamo tutti "quello che sottolineano tutti... tutto quello che comincia con Io."

Anche se sotto sotto siamo tutti un po' uguali è raro trovare qualcuno che sappia isolare quei tratti comuni e che ne sappia scrivere, mettendoceli di fronte, senza pudore e senza barriere sulla pagina bianca.

Nudo di fronte a queste pagine, di fronte alla brutale onestà di parole che posso leggere e rileggere, e rimangono lì: impassibili e impietose.

E sono questi i libri che mi porto appresso, che mi rimangono indelebili addosso.