Dieci libri

Cosa si capisce e cosa no da un vecchio divertimento da albori dei social network.
Dieci libri, venti, o anche uno soltanto.

Una foto minima e distorta, dal momento e dalla forzatura di dover trovare nella propria memoria libri che ci sembra abbiano un significato, che ci sembra l'abbiano avuto, o anche soltanto che vogliamo poter dire di aver letto.

Un autoritratto. Un selfie.
Con la luce buona e l'angolo giusto.
E un bel filtro.

Non è uguale per tutti.
Il primo libro che si ricorda.
Quello bello della nonna.
L'altro incredibile letto al liceo, riletto a quarant'anni e che rileggerò, spero, a sessanta: anche perché ancora non c'ho capito niente.
Quello comprato nel tal posto, quello finito di leggere nel tal altro, quello che c'ho messo tre anni di fatica a portarlo in fondo (ma questo non l'ho messo nella lista).

Meglio le librerie.
È la prima cosa che guardo quando entro nelle case degli altri: non ho mai perso il vizio.
Quella sì è una foto di rapina, la faccia vera, quella senza filtro.
Se poi la libreria non c'è, beh: viene una foto solo bianca.

Ma io baro.
La libreria, quella bella, ce l'ho all'ingresso. È una vetrina. 
Le foto le faccio anch'io, e conosco il trucco.

Nella foto che hai fatto tu, quella con i libri intendo, c'è un gran casino dentro. 
Giusto, in effetti, da una come te cos'altro vuoi che m'aspetti.
Ma non è un casino brutto: anzi.
Romanzi da scaffale, petardi, e poi, di botto, qualche bomba atomica.
Una lista così, disordinata e storta, ha però una storia.
Una storia migliore di qualche libro che c'è dentro.